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Il rapporto tra errore e verità ed errore e realtà

La problematica dell’errore nel diritto penale concerne il piano conoscitivo[1] della persona ed attiene alla sua attività intellettiva[2].

«Una definizione che si suol ripetere stereotipata é quella dell’errore come cognizione non vera, falsa credenza»[3].

Queste parole scritte nei primi anni trenta possono essere riferite anche a molti scritti d’epoca più recente[4].

La conoscenza per essere tale deve essere in sé «vera conoscenza». Così il Croce «l’affermazione è il pensiero stesso»[5] e il Gentile «la conoscenza se è vera conoscenza, in quanto conoscenza, è vera; se è falsa, in quanto falsa, non è conoscenza».[6]

Se la conoscenza non è in sé falsa, dove troviamo il secondo termine di paragone grazie al quale riusciamo ad affermare che il soggetto errante abbia una conoscenza «non rispondente»?

Il termine di confronto è « la realtà cioè il vero considerato come ciò che è ( appare essere) in realtà[7]

L’errore, quindi, non attiene propriamente alla cognizione o allo stesso stato intellettivo, alcuni casi concreti aiuteranno a chiarire il pensiero che si vuole esprime in questa pagina:

  • Esempio 1, un uomo, credendo di uccidere un capo di selvaggina, colpisce sparando da dietro una siepe il suo compagno di caccia;
  • Esempio 2, un uomo scendendo dal treno, credendola sua, si appropria di una valigia di un altro passeggero.

L’errore non si trova nella conoscenza in sé ma nel suo rapporto con la realtà. Da un punto di vista, strettamente rappresentativo, del soggetto agente nei due esempi precedenti non cambia nulla se nella realtà il bersaglio è effettivamente un animale o un uomo, oppure se la valigia è effettivamente sua o di un altro. Quello che muta è il rapporto di conformità o difformità tra la conoscenza e la realtà.

L’errore, come “momento di disturbo”, è nel rapporto di difformità tra la cognizione soggettiva e la realtà.[8]

Quest’ultima non è, ancora, la definizione conclusiva perché «occorre individuare la natura dello stato intellettivo da cui sorge – ai fini giuridico penali – la situazione di errore».[9] Tale «stato» non attiene propriamente, come molti pensano e scrivono, alla semplice rappresentazione[10], ma nasce a seguito di una più conscia ed elaborata partecipazione psicologica: il giudizio.

L’errore rilevante, si può affermare a questo punto, non è quello che s’identifica nel rapporto di difformità tra rappresentazione e realtà, che pur sempre è errore, ma è quello in cui alla rappresentazione sopravviene, tramite un giudizio valutativo, la persuasione.

Il soggetto può rappresentarsi «la cosa come sua per gioco, per pura fantasia allo stesso modo come alcuno può rappresentarsi, per es., un uomo a due teste, o può figurarsi che ogni cosa sia sua[11]

E’ necessario, perché l’errore rilevi, che l’oggetto della situazione intellettiva sia creduto come reale e non semplicemente rappresentato.

Il credere in una determinata realtà, anche se solo soggettivamente reale, presuppone una valutazione della rappresentazione. Tale valutazione è descrivibile dinamicamente: è un soppesare, con le mani della mente, ciò che si stringe ed un relazionare, con i dati e l’esperienza archiviati nel nostro bagaglio genetico – culturale, l’oggetto della rappresentazione[12].

Il soggetto crede in ciò che ha rappresentato e pone questo convincimento alla base della sua volontà.

In altre parole: l’uomo agendo agisce in vista di un risultato e i mezzi da lui voluti poggiano su una valutazione che in caso d’errore è difforme dalla realtà.

L’errore è una realtà di rapporto: risultato difforme ottenuto dal confronto tra ” persuasione e realtà”.[13]


NOTE BIBLIOGRAFICHE

[1] Frosali, L’errore nella teoria del diritto penale, Roma, 1933, 30; Galli, L’errore di fatto nel diritto penale, Milano, 1948; Frosali, voce Errore, in Noviss. dig. It., VI,  Torino, 1960, 672; Santucci, voce Errore (dir. pen.), in Enc.. dir., XV,  Milano, 1966, 280 s.; Flora, voce Errore in Dig.disc.pen., Torino, IV, 1990, 255 s.; Fiandaca-Musco, Diritto penale. Parte generale, III ed. , Bologna, 1995, 4  s. ; Pagliaro, Principi di diritto penale, parte generale, VI ed., Milano,1998, 398.

[2] Frosali, L’errore nella teoria del diritto penale, op. cit., 30;

[3] Frosali, L’errore nella teoria del diritto penale, op. cit., 31.

[4] Un esempio per tutti: Padovani, Diritto penale, V ed., Milano, 1999, 294:« Il contrappunto negativo del dolo è l’errore che, in generale, può essere definito come la falsa rappresentazione o l’ignoranza di un qualunque dato della realtà naturalistica o giuridica».

[5] Croce, Filosofia della pratica, Bari, 1909, 44;  ripresa da: Frosali, L’errore nella teoria del diritto penale op. cit.,31;Cristiani, Profilo dogmatico dell’errore su legge extrapenale, Pisa, 1955,25; Santucci, op. cit.,280.

[6] Gentile, Sistema di logica, Bari, I, 1922, 103; ripresa da: Frosali, L’errore nella teoria del diritto penale, op. cit., 31; Cristiani, op.cit.,25;Santucci, op. cit.,280.

[7] Frosali, op. cit., 32.

[8] Frosali, op. cit.,33;Pagliaro, Principi del di diritto penale, Parte generale, 5ª ed., Milano,1996.

[9] Frosali, op . cit.,34.

[10] Per tutti v.: Grosso, voce Errore(dir.pen.) in Enc. Giur. Treccani, XIII, Roma, 1989.

[11] Frosali, op. cit.,34.

[12] Per l’analisi della distinzione tra errore di percezione ed errore di valutazione si rinvia alla posizione espressa sull’argomento da: Palazzo, L’errore sulla legge extrapenale, Milano, 1974, 75 ss.

[13] Frosali, op. cit.,31 ss; Santucci, op. cit., 280; Palazzo, L’errore sulla legge extrapenale, op. cit. , 82.